Chiesa del Ravarolo

Le prime notizie scritte sull’esistenza dell’oratorio dei Morti del Ravarolo in Verdello sono quelle riportate negli Attidella visita pastorale del 27 marzo 1754, effettuata dal cardinale Pozzobonelli, arcivescovo di Milano. L’oratorio fu edificato nei campi dalla popolazione verdellese, per onorare la memoria dei morti per la terribile Peste “manzoniana” del 1630, che costò 500 vittime su una popolazione di 1300 abitanti, ed è probabile che la data di costruzione sia il 1643, così come riportato sulla parte interna della parete d’entrata.

Da quando fu costruito, l’edificio subì vari interventi strutturali, che cambiarono il suo aspetto. Nell’inventario dei beni della Comunità di Verdello, del 1778, la chiesetta è dotata di portico d’accesso, oltre al campanile, l’abitazione del custode e vari appezzamenti di terra, che costituivano il suo “beneficio”.

L’origine del nome, probabilmente, fa riferimento alle coltivazioni di rape, che nei tempi passati dovevano essere consistenti nei terreni limitrofi. Fino a qualche anno fa, la chiesetta era meta di processioni collettive denominate rugasiù (rogazioni), durante le quali si chiedeva ai morti d’intercedere presso il Padre Eterno per ottenere la pioggia o il bel tempo necessari alla campagna, e si benedivano i campi per avere abbondanti raccolti.

La chiesetta è costituita da un’unica navata con abside, portico aggettante sulla facciata con sagrestia e piccolo campanile annessi sul lato Sud, ed è orientata sull’asse Est-Ovest. L’esterno ha mantenuto la sua architettura tipicamente seicentesca mentre le decorazioni, hanno subito un radicale rifacimento nell’immediato dopoguerra.

I dipinti attualmente visibili, sono attribuiti al pittore trevigliese Giacomo Belotti (1887-1967), che li realizzò tra il 1943 e il 1945, seguendo le iconografie rispondenti alle richieste della popolazione.

Sulla parete di facciata, sotto il portico, è rappresentato il “Cristo Risorto” con, ai lati, due gruppi di quattro angeli che suonano le trombe.